mercoledì 25 luglio 2012

Letture sotto l'ombrellone - parte prima


Uno dei momenti che preferisco della mia giornata è quando, data una prima sbirciatina ai miei 5 account mail (per lavoro ricevo molti curricula, non so più dove archiviarli!!), sbrigate le cose più urgenti, mi dedico alla mia personalissima rassegna stampa, la minuziosa disamina di tutta una serie di siti web che ritengo imprescindibili per la mia formazione e aggiornamento quotidiano.

La prof. di lettere al Liceo una volta disse: “Ragazzi, ricordate, è molto importante che nel corso della vostra vita leggiate delle riviste; sceglietene anche una sola, ma siate costanti, tenetevi sempre aggiornati.”
Come sempre io presi alla lettera e cominciai l’infinita collezione di “Specchio” de La Stampa, scelta dettata dal fatto che l’allegato al quotidiano vedeva la luce proprio in quei giorni e mi sembrava fantastico poter iniziare la mia raccolta proprio dal numero 1.

La mia passione per le edicole comunque andava già oltre.
E’ come il richiamo del miele per gli orsi: ne vedo una e non posso fare a meno di avvicinarmi. Rimango lì, incantata nella lettura di titoli
e nella contemplazione delle immagini.
Le mie preferite sono quelle grandi e fornitissime, dove trovi le pubblicazioni più rare e fantasiose: “MAD- Macchine Agricole Domani”, “Italia Imballaggi”, “Il mio Cavallo” , e quelle di stazioni e aeroporti, immerse in un' atmosfera di costante movimento.

Di solito acquisto Glamour e Vogue, ma se mi lascio prendere la mano sono capace di uscire con un malloppo intrasportabile (lo capisco quando il tipo mi dice:”Signorina, che vuole una busta??”) e gli occhi che brillano come se mi stessi portando a casa un Rolex Lady-Datejust Special Edition in oro rosa e diamanti.

“Grazia”, “Tu Style”, “F”, “Vanity Fair”, “Millionaire”, “Focus”, “Cosmopolitan”, passando per “Dylan Dog”, “La Settimana Enigmistica” (che scatena sempre lotte in casa per chi deve riempire per primo il cruciverba di copertina- al secondo posto “Unisci i puntini”), “Top”, “Di Più”, “Chi”, “Vero”.

Una giornata al mare o un viaggio in aereo diventano un’ottima scusa per svaligiare l’edicola di turno, mentre di solito cerco di girare al largo per evitare di dissanguare giornalmente le mie finanze.

Dal parrucchiere la prima richiesta non è “Taglio e piega!” , piuttosto “potrei avere QUALCHE rivista??” . La tizia di turno cerca di imbastire una relazione umana mentre armeggia con le ciocche, ma demorde puntualmente constatando di essere completamente ignorata ad appannaggio delle ultime sensazionali news sul divorzio di Tom Cruise e Katie Holmes (un’altra mia grande passione è il gossip, nostrano e internazionale…Signorini mi fa un baffo…provare per credere!)

Ecco che negli anni ho sublimato questa esigenza con il web, che non ha certo il fascino e l’odore meraviglioso e inebriante della carta stampata, ma offre comunque i contenuti più vari e una possibilità di aggiornamento minuto per minuto.
Comincio con “Tgcom.it”, “La Repubblica”, “Il Messaggero”, e poi “d.repubblica.it”, “Stylosophy”, Style.it, The Sartorialist, Wired, Stile.it, FashionBlog, TheGossipers, Eonline!, Gossipblog, The blonde Salad, Irene’s closet, Vanity Fair, Glamour, Gossip, Booksblog, Just a Coffee, il meraviglioso blog Ginevrasex.blogspot…..potrei stare qui ad elencare ore.

Le news su moda, stile, tendenze, lifestyle sono quelle che più amo seguire: mi mettono di buonumore e colorano le mie giornate.
Ecco perché la sezione Moda di Mondadori e Fnac sono oggetto di mia particolare attenzione: trovare letture di svago o di studio sull’argomento, fino a poco tempo fa, non era semplicissimo ed anche particolarmente dispendioso. Ma l’interesse crescente a riguardo ha fatto sì che fiorissero le pubblicazioni di settore, profane e non.
Oggi voglio parlarvi di alcune delle più carine acquistate negli ultimi mesi, ottima scelta come letture sotto l’ombrellone:

“Idee che hanno vestito la moda”- un interessantissimo elenco dei capisaldi della moda, ricco di dettagli, aneddoti e foto.
“Ma come ti vesti?” – dall’ormai rinomata trasmissione di Real Time.
“The One Hundred” di Nina Garcia, con tutti i must have del fashion style.
“Diego per te” di Diego Dalla Palma- trucchi e segreti per un make up perfetto.
“L’abito fa il monaco?” di Alberta Marzotto, un manuale di moda, costume, società e su tutti i luoghi comuni da sfatare .
“La moda nel consumo giovanile” di A.Giancola – per un approccio più tecnico.
“Le Arti della Moda- vol I e II “ di Anna Florenzi – per conoscere la storia della moda dalle origini ad oggi.
“Festival e Funerali” di Natalia Aspesi , pungente digressione su costumi e malcostumi dell’Italia dagli anni ’60 ad oggi.
-“Il Galateo” di Brunella Gasperini- la storica guida al bon ton.

Torneremo ancora sull’argomento “Letture sotto l’ombrellone”, ho preparato per voi una bibliografia da leccarsi i baffi!!!!


Buona lettura a tutti!




















venerdì 13 luglio 2012

Nessuno si salva da solo


Quando ho letto “Non ti muovere” mi è entrata nel cuore. (anche il film, con Castellitto e una Cruz fenomenale, non mi ha affatto deluso).
Una delle ultime fatiche di Margaret Mazzantini è 
“Nessuno si salva da solo”.
Il titolo mi ha colpito fin da quando il libro campeggiava nella sezione “Novità” della libreria. Un’affermazione, quasi una sentenza. Non l’ho comprato subito.
Ho aspettato. Quelle parole mi intimorivano, e nello stesso tempo mi attiravano irresistibilmente. Ho seguito ogni suo movimento, ogni passaggio: novità-best sellers-numeri primi.
Poi è arrivato il momento: leggere qualcosa che sapevo mi avrebbe fatto, in qualche modo, soffrire.

E’ la storia di Delia e Gaetano, una coppia che non è più coppia; il loro amore si è “sfarinato, inacidito, incrinato” per usare i termini della recensione de “Il Corriere della sera”.
E’ il flashback, disincantato, di un amore che nasce, impetuoso, e poi  si consuma; di quel momento in cui uno, l’altro, o entrambi, cominciano ad allontanarsi.
Il sentimento si sfalda, si sfoca, si affievolisce, e i sogni, e le promesse, si fanno banali, parole e immagini perdute, chissà dove, in un qualche momento terribilmente lontano nel tempo.

I gesti dell’altro diventano “ridicoli”, il vino versato, “quel rumore meraviglioso, che stasera sembra del tutto inutile. Non si condisce il disamore con del buon vino, sono gesti e soldi sprecati. Forse non doveva portarla in un ristorante, a lei non interessa mangiare. I loro momenti migliori sono stati per caso, con un kebab, un cartoccio di castagne, le bucce sputate a terra.[..]Ha sperato che [..]potesse aiutarli, a essere più lievi, meno rigidi. Per una sera almeno. Tornare ad essere meno pesanti insieme. Si chiede quando siano diventati così pesanti. Quando la fusione delle loro energie scompensate ha prodotto quella lega di piombo”.

Seduti ad un tavolino che “balla, sull’asfalto un po’ irregolare”, i due protagonisti mettono in scena un malinconico tentativo di ripresa, di dialogo, di ricerca di quella passione che li aveva presi e animati, trasportati, illusi. E’ il momento dei rimpianti, delle amare, inutili recriminazioni.

Bastava partire con la sua amica Micol, com’era in programma in quell’estate di vuoto post laurea.[..]Avrebbe potuto tentare lì la sua carriera di nutrizionista. Cameriera di notte e di giorno avventura.[..] Poteva fare un’altra vita, più disinibita. Una volta Gae ha detto le persone diventano semplicemente quello che sono. Quindi lei era questo.
A trentacinque anni, con una porta chiusa alle spalle, sbattuta, rotta. A trentacinque anni ancora ferma sulla soglia”.

L’autrice riesce a rendere profondamente il senso di delusione che minaccia come una scure le loro teste; il senso di sconfitta, bruciante, dura da digerire, dopo due figli e anni condivisi insieme.
Improvvisamente sono solo un uomo e una donna, che si osservano con occhi nudi, crudi e privi ormai di qualsiasi sovrastruttura, di qualsiasi attenuante, di qualsiasi pietà.

Delia guarda la faccia del suo ex marito [..]la faccia di uno che non ha mai raggiunto niente. E’ stato sempre un vigliacco, se ci pensa attentamente. Se gli toglie quel sorriso, quel modo che aveva di dirle mi manchi, non ci posso stare senza di te, sono nato per te.
Sono gli orsacchiotti che ti fottono.”

Eppure si erano amati, alla follia. Ore di baci. Poi “torni, e lei ha la maglietta di casa, e la faccia non proprio da amore. Non proprio da film.“ La vita quotidiana pian piano li sovrasta, li travolge, li trascina in un circolo vizioso: il sogno del vecchio casolare, una “vita mancata”, la frustrazione di un lavoro che è un ripiego, lo spettro del tradimento.
Dove era finito l’amore? “Come cazzo è possibile che la vita si mangi tutto? Come una risacca brutta. Rotola e sputa su una spiaggia di rottami.”

Cosa resta adesso? Qui, su questo tavolo traballante, circondato dai ricordi e dalle miserie di ognuno. Un tentativo maldestro di spiegazione, un ultimo, disperato tentativo di accettare il disamore.

“Dillo.
Cosa?
Dillo che non mi ami più. Dillo adesso che siamo in pace…così me lo faccio scendere.
-Non ti amo più Gaetano.
Annuisce e ride con lei…poi gli occhi si fermano e si gonfiano di tutto, come quelli dei bambini.
Dillo anche tu.
Io non lo posso dire.
Dillo.
Non ti amo più Delia.
Lo vedi…lo possiamo dire."

A questo punto sembra non vi sia più nulla da aggiungere. Non più parole su parole, nessun “se avessi” o “avrei potuto”.
Si passeranno bonariamente accanto come carne ripulita dalla tragedia dell’amore”.

Ma c’ è ancora uno spiraglio. Una luce in fondo in fondo al buio, e arriva dalla voce dell’esperienza, da chi ha vissuto più a lungo, e forse sa aggiungere qualcosa, sa dare un’altra spiegazione, sa trovare un conforto. La coppia dei due signori anziani seduti al tavolino accanto al loro.

“Lei pensa di poter pregare per me?
Il vecchio cerca gli occhi di Delia.
Si, certo.
Ha preso una mano ad entrambi, le stringe. Le scuote.
Nessuno si salva da solo.

[..] voleva aiutarci. Dirci qualcosa…di essere meno imbecilli, forse soltanto quello.
Perché non lo avevano incontrato prima…lo avrebbero fatto salire in casa, messo da un canto come un nonno. Forse aveva la possibilità di salvarli tutti. Avrebbe fatto l’incantesimo..tenerli tutti lì insieme, incatenati nella fissità dell’amore.”

Forse l’amore non basta. Forse è sopravvalutato. Forse pretendiamo a torto che ci sostenga per sempre, in ogni momento, in ogni modo, incondizionatamente.
Ma l’amore è solo amore (in che film dicevano questa cosa meravigliosa…?). L’amore è fallace, è alto e poi basso, è slancio e ferita, gioia e illusione, vittima delle alterne fortune del mondo.
Forse l’amore va sostenuto, incoraggiato, ispessito con l’intelletto, rafforzato con la ragione.
Forse a volte basterebbe “volere” che l’amore non finisca. Che non cada a terra, che non si confonda sotto i passi pesanti e caotici dell’umanità.
E perché no, magari tendendo una mano, chiedendo un aiuto, un confronto con altre vite, con altre storie incredibilmente uguali, anch'esse auto- escluse e auto- isolate dal resto del mondo, perché la sconfitta è un fatto privato.
Ci stupiremmo di quante storie simili alla nostra esistono.
E la condivisione può essere un conforto, un modo di abbracciarsi, di alleviare e sopportare più lievemente il dolore e il male di vivere.




In questo post indosso:
Dress Tangerine Tango Stradivarius
Canotta Oysho
Zeppa Cinti
Collana Stradivarius
Bracciale H&M
Anello Accessorize
Occhiali X-Ray


















giovedì 5 luglio 2012

Branchie


Il primo incontro con Ammaniti avviene diversi anni fa. Per caso, acquisto e leggo, divoro, Fango.
E’ un ‘illuminazione, un amore a prima vista.
Comincio a cercare, compulsivamente, tutto ciò che mi ero persa fino a quel momento, “Ti prendo e ti porto via”, poi “Come Dio comanda”, “Io non ho paura” e naturalmente ad attendere impaziente le nuove pubblicazioni: “Che la festa cominci”, “Io e te”, fino all’ultimo “Il momento è delicato”.
Per qualche strana e non meglio precisata ragione, avevo sempre lasciato indietro “Branchie”. Vuoi perché voci di corridoio dicevano che fosse un romanzetto minore, che ebbe un esordio non troppo fortunato, insomma, l’avevo lasciato lì negli angoli bui di tutte le librerie esistenti.

Qualche settimana fa sono andata ad un incontro letterario con l’autore al Maxxi; il focus era sull’ultima raccolta di racconti ovviamente, ma alcuni riferimenti fatti al testo durante la serata hanno ridestato la mia curiosità.
Così ho finalmente deciso di acquistarlo, e l’ho amato, se possibile, più di alcuni altri.

In Branchie c’è un early Ammaniti ancora un po’ distante dalle forti tinte pulp dei romanzi successivi, ma che si districa già con grande maestria tra meravigliosi eroi sgangherati (qui Marco Donati, poi i vari Graziano Biglia, Saverio Moneta, Fabietto Ricotti dei romanzi e racconti successivi), personaggi del tutto improbabili e incredibilmente spassosi (la madre Adele, l’orrendo Subotnik e Cubbeddu, il mio preferito, probabilmente per la familiarità dell' allitterazione) e situazioni ai limiti del surreale che trovo a dir poco geniali, come i concerti nelle fogne della Banda dell’Ascolto Profondo e le gesta del Gruppo Spurgo Fogne Appilate, capitanato da Cubbeddu insieme a Gavino, Efisio e Bachisio.

“ [..] -FORTZA! Gruppo Spurgo Fogne Appilate. A SU ATACU!- dice in sardo quello al centro basso e tarchiato.
Deve essere Cubbeddu.
Scappiamo come lepri ma siamo in troppi e ho paura che questi professionisti delle fogne siano male intenzionati. [..] sono alle nostre calcagne, ne sentiamo il fiato alle spalle, puzzano di merda e filuferru [..] Improvvisamente un’idea mi folgora come un lampo a ciel sereno. Canto:
Ti t’adesciae ‘nsce l’endegu du matin
Ch’à luxe a l’à ‘pé ‘ntera e l’atru in mà
Ti t’ammiaé aou spegiiu de n’tianin”
Rimangono interdetti, affascinati. Li ho colpiti diretto nelle origini. [..]
-Chi ni sesi tui? Ita ses fa endi in custa galeria? Comenti mai tu istionas sa nostra lingua? Cantame un atru arrogu- fa l’orco Cubbeddu aggrottando le sopracciglia folte e nere.”

"- Marco sono tua madre!
-     - Come?
-     - Sono tua madre.
-         Delira. E’ una psicopatica.
-      Non mi riconosci perché dall’ultima volta che ci siamo visti ho subito un intervento di ricostruzione estetica globale. [..]
   Ho il cuore più grosso e potente con una gettata di due litri al minuto. Il fegato è stato potenziato, ora non ho problemi con patatine fritte, cheeseburgers, calamari in umido. Avevo pensato, visto che c’ero, di cambiare cervello per diventare più intelligente, ma poi costruivano un’altra, e di me cosa rimaneva?! Allora ,non sono uno schianto? -Dice contenta.”



Quasi dimentichi che il protagonista ha un tumore ai polmoni, sbattuto com’è tra le feste di Maria, le fogne di Nuova Dehli, il palazzo di Wall Oberton e il castello dell’orrendo Subotnik.
L’unico dato reale, la malattia, diventa un particolare sfocato, quasi un disturbo, liquidato alla fine con un sufficiente “E infine ci sono io. Non sono morto.” E' un semplice pretesto, una mano tesa al lettore, una ostentazione di credibilità che viene totalmente sovvertita al primo voltar di pagina.

Leggendo Ammaniti, Branchie, hai l’impressione che la fantasia dell’autore non abbia limiti, anzi, che questa sia volutamente spinta da un estremo all’altro, come in un rollercoaster di ingegneristica avanzata. Quando credi che il racconto sia giunto al suo climax, ecco che ti stupisce con una situazione ancora più folle.
Le sue storie e i suoi personaggi hanno un’aura mitologica eppure mostrano le più basilari, primordiali, a tratti infime e dissacranti, caratteristiche umane, e creano un contrappunto perfetto, lirico e grottesco insieme. Figure leggendarie metà uomini metà….qualcos’altro.

“Allora si avvicinò e il suo corpo fu inondato dalla luce tremula delle candele. Tra le gambe aveva un pitone d’acciaio. Un enorme fallo di nichel-cadmio e alluminio anodizzato. Una protesi smisurata, che vibrava ronzando. Le maglie metalliche lo snodavano all’insu’ producendo un’erezione mostruosa. La testa di quell’oggetto di piacere luccicava e intravidi la mia faccia allucinata riflessa sulla liscia superficie del glande meccanico.[..] Wall avanzò verso di me con quel coso vibrante tra le gambe.
-Non avere paura, vieni qui,-mi disse.- Proverai piaceri nuovi, rilassati. Avrei voluto scappare , ma ero prostrata di fronte a quel cazzo fatto di tecnologia siderurgica, come una vergine sacrificale di fronte a un totem d’acciaio”

Leggere Ammaniti è un viaggio nella giungla dell’immaginazione, una regressione all’infanzia e alle sue visioni di straordinaria forza evocativa, un ingresso a porte spalancate nella fantasia, che a quell’età non ha limiti.
Mi vedo Branchie in edizione illustrata con Cubbeddu, Wall Oberton, la madre Adele, Mila in cartonato 3d, che giri la pagina e ti si parano impetuosi davanti agli occhi, con lo sguardo rosso fuoco e le fauci spalancate. 
Un’incursione che dura il tempo di poche righe. 
L'infido è subito pronto a rigettarti nel banalissimo, ordinario ordine della vita quotidiana, senza rinunciare alla sua irresistibile cattiveria e ingannando il lettore alla perfezione grazie all'uso sapiente di diversi registri linguistici.

“Dopo l’esplosione del castello [..] il gruppo si sciolse.
[..] Sarwar continua a occuparsi  di musica ma ha preferito buttarsi sul commerciale. Ha lavorato a lungo come dj in molte discoteche della riviera romagnola.[..]
Deuter è il direttore generale del castello dell’orrendo Subotnik, che la Walt Disney Corporation ha deciso di ricostruire nella forma e dimensioni originali. Ogni giorno mostra a mandrie di turisti giapponesi la stanza delle torture, la macelleria. [..] Mila Oberton si è invaghita di Aniello Colascione, un commercialista di Avellino.[..]Ma la vita in provincia è dura. Mila ha cominciato a drogarsi. Prima bevendo damigiane di Fiano e poi tirando coca e riempendosi di benzodiazepine. [..] L’orrendo Subotnik è diventato buono, ha ripreso a lavorare al Policlinico di Roma.”

La tensione scende, ritroviamo luoghi e situazioni che ci sono in qualche modo familiari.

Ma già ci manca il viaggio, e non vediamo l’ora di ripartire.

Lui lo sa, e non ci saluta senza la follia finale.
Lascio che siate voi stessi a scoprirla.
Buona lettura!



In questo post indosso:
Little dress plissé Shopinlondon
Sandali Guess
Scialle Butterfly Zara
Handbag Braccialini
Hair flower Bijou Brigitte
Bracciali Stradivarius e Cruciani
Anello H&M
Collana Pull&Bear

Un ringraziamento particolare a Daniele per la foto neo-fetish
e a Roberta che fa capolino. Baci!!

















mercoledì 4 luglio 2012

Serata Finalisti Premio Strega


Ieri sera, come promesso, sono stata a Viterbo per la serata dei finalisti del Premio Strega a Caffeina Cultura.
La rassegna si svolge in più punti della città, piazze, cortili, chiostri, ben segnalata dalla presenza di totem, desk point con programmi e cartine, hostess un po’ ovunque, persino una mega installazione al centro della piazza (vedi foto).
Le strade sono piene di gente, diversi i negozi aperti, bar e ristoranti gremiti.

Il nostro appuntamento è alle 22.30 al Parco del Paradosso, un delizioso giardino interno allestito per l’occasione. La platea si riempie velocemente, sul palco fremono i preparativi, in fondo lo stand Caffeina con le pubblicazioni dei vari autori a disposizione di chi volesse acquistarle.

Alle 22.50 circa arrivano gli ospiti, accolti da un applauso, e si accomodano in prima fila…si comincia!!
A parte il clima più fresco del previsto (avvezza ai 30 gradi serali di Roma il mio abbigliamento non era proprio adeguato alla temperatura, ragion per cui mi perdonerete il giubbino messo a mò di sciura) l’atmosfera è speciale: luna piena di rito e location resa suggestiva dalla  fitta vegetazione e dalle mura medievali che ne delimitano il perimetro.

Sul palco vengono invitati, in rigoroso ordine cronologico, gli scrittori tra i quali verrà scelto domani il 66° vincitore del Premio Strega: Gianrico Carofiglio, Marcello Fois, Lorenza Ghinella, Alessandro Piperno, Emanuele Trevi.
Sul maxi schermo viene proiettata di volta in volta l’immagine del libro candidato, mentre due bravi attori si alternano nella lettura dei brani scelti.

Le domande sono davvero ben fatte, il conduttore preparato e competente sui testi e sui percorsi dei singoli autori, non ci si annoia neanche per un attimo.

Sono rapita dai modi colti e regali di Carofiglio, dalla semplicità (e dall'accento sardo) di Fois, dalla dolcezza della Ghinelli, dall'aplomb di Piperno, dalla naturale simpatia che ispira Trevi (protagonista di un non programmato siparietto grazie al non educato intervento di un gruppo di giovinastri su un terrazzo adiacente, che ha strappato le risate dell’intera platea).

Tra tutti gli interventi vi regalo un aneddoto raccontato da Carofiglio a proposito dell'importanza della letteratura e delle parole in particolare (a tal proposito vi consiglio di leggere il suo saggio "La manomissione delle parole"). Cita uno studio dell’antropologo Bob Levy negli anni ’50 a Tahiti in cui si metteva in risalto un tasso di suicidi incredibilmente alto. Approfondendo si arrivò a scoprire che non esistevano, nel vocabolario degli abitanti, delle parole che indicassero la sofferenza morale, il disagio interiore. Ecco che, in mancanza di queste, molti reagivano “con gli atti a ciò che non potevano dire, sottolineando così il potere straordinario e trasformativo delle parole”.

Un'altro concetto che  ha attirato la mia attenzione e che offre spunti interessanti di riflessione è quello di Trevi sulla trasformazione della figura dell'artista, che se fino alla metà degli anni '70 era il "diverso",  colui che si distingueva nettamente dalla società, un"avanguardista", un "pazzo" (citava Pasolini, Pollock, Bausch), oggi si è conformato, adeguato, "piegato" alle logiche del marketing, e le sue espressioni sono, o meglio devono essere, dei "prodotti" da vendere. 

Azzeccata l’idea di abbinare, per semplice ispirazione o per diretta citazione nel testo, un brano alla fine di ogni intervento, eseguito live da pianoforte, percussioni e voce: "Stairway to heaven" dei Led Zeppelin, "Starman" di David Bowie.

Dopo i dovuti ringraziamenti, è il momento dei saluti e naturalmente degli autografi. Io ho portato con me “Il silenzio dell’onda”, firmato con dedica dal mio fantastico Gianrico (e siamo a due!)

Davvero una splendida serata, in una città che è sempre un piacere visitare.
Arrivederci a domani con Niccolò Ammaniti!!


In questo post indosso:

Tubino tartan Zara
Sandali Albano
Chiodo ecopelle Bershka
Pendente croce handmade (Mercato Monti)
Bracciale Lido Paris
Bracciale borchie Bijou Brigitte
Anello stella marina handmade
Shopper black Burberry







    Con Gianrico...



 
    disturbatrice....










    Il peso della cultura.....